A.S. Gourmet: Le prospettive del Kosher
Kosher: un business che nel 2025 arriverà a 60 miliardi di euro. Intervista ad A.S. Gourmet tra i più grandi importatori d’Europa nel settore
Con un fatturato stimato intorno ai 65 milioni di dollari nel 2025, il mercato Kosher si conferma in grande espansione anche negli Stati Uniti come nel nostro continente, e non più affermato solo in Israele e Medio Oriente. In Europa infatti il primo paese per l’acquisto di prodotti è la Francia che ha nell’importatore specializzato A.S. Gourmet il principale SEO di un settore che deve sempre tenere conto delle rigide regole della Torah. “I latticini – ha spiegato l’Amministratore Delegato dell’azienda Aaron Bokoza nel corso del live workshop di Cibus Lab dedicato ai retailer stranieri dei derivati del latte – sono sicuramente una parte importante del nostro business. Strategicamente sono prodotti che permettono di avere punti di incontro frequenti data la breve scadenza. La mozzarella ad esempio ha un ruolo chiave e ci troviamo a farne una produzione Kosher a settimana, per proporla ai clienti ogni quindici giorni. Il nostro approvvigionamento caseario – ha aggiunto – consiste prevalentemente in prodotti Kosher italiani che portiamo sui mercati di riferimento, ma importiamo anche da Grecia, Belgio, Stati Uniti e Germania”.
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(CEO – A.S. Gourmet)
Grazie infatti ad un’attenta organizzazione logistica interna A.S. Gourmet vanta una capillare distribuzione export incentrata in particolar modo sulla Francia – dall’area metropolitana parigina alle città con popolazione ebraica e impianti Kosher – ma estesa anche a Italia (in città con comunità ebraiche) e Belgio, con solidi rapporti con distributori inglesi e statunitensi.
Quanto alle principali tendenze del mercato Bokoza ha sottolineato: “Nel settore Kosher il biologico accusa qualche anno di ritardo ma le richieste non mancano e sicuramente crescerà. Va detto come questo segmento segua un percorso particolare con materie prime ricercate e arrivare ad una garanzia “bio” potrebbe aumentare i costi. Può trovare invece più sbocchi il vegano che si sposa meglio con le richieste del capitolato Kosher e può quindi avere più mercato”.
Domanda che è invece più consistente per le certificazioni IGP e DOP già conosciute anche all’estero. “Si tratta di prodotti che nel Kosher non esistono – ha puntualizzato l’Amministratore Delegato – e spesso non sono facili da realizzare ma nel momento in cui vengono richiesti il riscontro sul mercato è ottimo. La burrata italiana ad esempio ha avuto subito un buon successo e la Francia è oggi uno dei maggiori importatori”.
Secondo Bokoza però fra i due paesi possono essere consolidati rapporti a lungo termine: “Ci sono vincoli iniziali che vanno dalla mungitura alla produzione e per alcune realtà possono essere visti come insormontabili. Se però si sceglie di seguire questo percorso cercare spazio per una lavorazione dedicata, si possono trovare le garanzie per superare i possibili ostacoli. Con il team giusto – ha concluso – la produzione settimanale Kosher può diventare un punto di forza”.
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